'A Shcaffètte
Gruppo Folklorico Marinaro di Termoli
A Pasquette
‘U Sand’Andunie
‘U san Bastejane
“A vetäre de San Geseppe”
La Shcaffette nella Scuola
San Basso
“A vetäre de San Geseppe”

 

La tradizione di S. Giuseppe

 Nell’agiografia ecclesiale, S. Giuseppe è venerato come il patrono della Chiesa universale, il protettore della famiglia, degli artigiani ed il buon Santo della Provvidenza.

Ecco quindi, l’usanza di alcune famiglie, particolarmente devote, di erigere nelle proprie case degli altari in suo onore nel periodo della ricorrenza (18 e 19 marzo), che precede l’avvento della primavera, affinché interceda con la “Famiglia Celeste”, per ottenere le grazie richieste.

Tale usanza, che si perde nella notte dei tempi e si riscontra soltanto nelle regioni meridionali dell’Italia, ha un rituale ben preciso, in cui si integrano elementi sacri e profani.

 

L’altare di S. Giuseppe a Termoli

Molte sono le località del Molise dove, ancora oggi, si possono ammirare gli altari elevati in onore del Santo: Agnone, Riccia, Campolieto, Guardialfiera, S. Martino in Pensilis, Lupara, Castelbottaccio, etc.

A Termoli il tradizionale altare fu elevato per la prima volta per la prima volta, molto probabilmente, verso la metà dell’800.

Il culto per il Santo era talmente radicato nell’animo di questo popolo che l’allestimento dell’altare, a volte, rasentava la competitività tra le varie famiglie, ma che, comunque, le portava a perpetuare tale usanza fino agli ultimi giorni della propria esistenza.

Oggi, purtroppo, poche sono le famiglie che mantengono intatta questa tradizione, anche se, col passare del tempo, ha perso il rituale originario.

 

L’altare originario: il rituale

L’altare veniva eretto con i pochi e poveri mezzi che la famiglia aveva a disposizione. L’elemento principale era costituito da una serie di coperte, di seta e dai colori tenui, allestita in modo tale da formare un “ tabernacolo”, nel cui centro veniva posto il quadro sella Sacra Famiglia.

La base era formata da due o tre gradini, a seconda della grandezza della stanza, per dare la possibilità di adornarlo con fiori,piante, ceri,statuine sacre, immagini di santi e tanti vasi di germogli di grano.

Il pomeriggio del giorno 18, dopo essere stato benedetto da un prete, l’altare era pronto per l’adorazione dei fedeli, fino al mezzogiorno del giorno seguente.

A fianco dell’altare veniva imbandita una grande tavola, ricolma di cibo non cotto, a base di magro (perché la ricorrenza avviene nella quaresima), in cui risaltavano particolarmente le primizie.

Tutto ciò che c’era sulla tavola veniva offerto oltre che dalla famiglia che organizzava l’altare, anche dal “vicinato.

Sulla tavola non dovevano mancare tre grandi pagnotte di pane; su ognuna di esse venivano sovrapposti con lo stesso impasto di pane, i simboli della Sacra Famiglia: la corona (Maria) , il bastone (Giuseppe) e la croce (Gesù Cristo).

Durante la venerazione, che si protraeva anche durante la notte, fino al mezzogiorno del 19, venivano recitate e cantate con l’accompagnamento di strumenti tradizionali (fisarmoniche, chitarre e mandolino), molte poesie, dialoghi, monologhi e canti in genere, da parte di bambine vestite di bianco e recanti sulla testa coroncine di fiori di campo: “ Le Verginelle”.

Queste ultime avevano un’importanza determinate per la riuscita del rituale poiché, con i loro recitativi, rivolgevano al Santo le richieste di intercessione presso la “Famiglia Celeste”.

Le verginelle, non si limitavano a recitare e a cantare in onore del Santo, ma dovevano anche servire a tavola la “Famiglia Povera” che, il 19 marzo, avrebbe consumato il pasto.

La “famiglia”, composta da tre persone, due adulte e un bambino, simboleggianti la Madonna  San Giuseppe e Gesù, veniva scelta fra le famiglie più povere ma anche più degne della comunità; il giorno 19, all’ora di pranzo, si presentava a casa, dove era stato allestito l’altare e, dopo essere stata ricevuta dai padroni di casa, si prostrava ai piedi del santo e pregava.

Dopo il rito di preghiera si sedeva a tavola per consumare il pasto, composto da 13 portate.

Bisognava assaggiarle tutte, probabilmente perché 13 erano gli apostoli o forse perché tanti erano i primi pastori che adorarono Gesù nascituro presso la grotta di Betlemme.

Tutto ciò che restava sulla tavola veniva consumato la stessa sera dalle Verginelle e da tutti coloro che avevano contribuito all’allestimento dell’altare.

Ai devoti che venivano a venerare il Santo il 19 mattina, veniva offerta una pagnottella di pane consacrato, unitamente al “San Giuseppe”, una tipica pietanza preparata unicamente per l’occasione a base di legumi lessi.

 

 

 


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